di Feliciana Zuccaro
Da quando ho conosciuto Marika D’Ernest mi ha incuriosita tantissimo il suo mestiere a tal punto da volerne approfondire le origini. Sto parlando del tatuaggio berbero (qui il mio precedente articolo in cui parlo proprio di Marika). Così ho iniziato a fare delle ricerche. Sono venute fuori cose davvero interessanti di un popolo che molte volte tendiamo a sentire lontano per diversi motivi. Dovremmo invece provare a conoscere meglio nelle loro tradizioni, per comprenderne la stupefacente bellezza. Partiamo così dal significato della parola berbero che vuol dire esattamente uomini liberi tra deserto e città. Le tribù berbere vivono solitamente in alcune regioni dell’Africa del Nord, tra il Sahara occidentale e la Libia. Tra loro sono noti, oltre alle varie tribù del Marocco, i Cabili dell’Algeria e i Tuareg del deserto.
Nella cultura di questi popoli il tatuaggio è destinato prevalentemente alle donne ed è eseguito dalle donne stesse. Purtroppo la diffusione dell’Islam e dei suoi precetti, ha estirpato la pratica del tatuaggio, pian piano. Non sarebbe più accettata come forma d’espressione (infatti per i musulmani il tatuaggio sarebbe haram ovvero proibito). Per questo motivo, per trovare esempi di questa pratica, bisogna cercare tra le anziane donne Amazigh, una tribù dove la pratica del tatuaggio era più presente.


I punti del corpo
Primo aspetto fondamentale da tenere in considerazione è la semplicità dei segni utilizzati maggiormente in alcuni punti specifici del corpo, tipo i piedi, le mani, gli avambracci, il collo e il mento. Il posizionamento del tatuaggio in un dato punto del corpo aveva sempre un significato ben preciso. Ad esempio per le Amazigh nel palmo della mano aveva la funzione di aumentare la destrezza, quindi poter effettuare i lavori manuali con maggiore forza, mentre in altre parti del corpo aveva mera funzione rafforzativa del senso di appartenenza. Basti pensare che le giovani donne venivano tatuate fin da piccolissime con un primissimo disegno propiziatorio sul mento, detto Siyala, legato alla fertilità, per poi spostarsi verso le estremità del corpo allo scopo di fornire protezione e identità.
Scendendo poi dal mento al torace, si realizzava un vero e proprio rito propiziatorio a favore della fertilità della donna stessa. Si trattava di un rito di passaggio all’età adulta che donava nuovo fascino alla futura donna, preparandola così al matrimonio. Per le donne algerine il tatuaggio facciale invece aveva un significato diverso, in quanto lo scopo era quello di allontanare gli spiriti maligni. Basti pensare che in molti casi il tatuaggio facciale si è persino tramutato in una forma di protezione dai militari francesi che colonizzavano quelle terre. Infatti le donne avevano notate che più erano tatuate e più non venivano violentate.
La sua simbologia
Se entriamo nello specifico dei disegni, molti simboli di questo tipo di tatuaggio hanno fortissime relazioni con elementi della natura. Nel caso del Siyala quello più comune è quello della palma, disegnato come una linea retta circondata da puntini che rappresentano i semi. Uno dei simboli più belli per le donne, in quanto correlato alla dea cartaginese Tanit, dea lunare, della fertilità e della guerra per il popolo Amazigh.


I più caratteristici sono i tradizionali disegni decorativi che si trovano anche sui tappeti o su altri oggetti di uso comune, come le tajine. Un fondamentale aspetto da ricordare è che il nome dei tatuaggi berberi è esattamente jedwel che significa talismano; infatti per chi ancora oggi pratica questa particolare forma di tatuaggio, un disegno specifico effettuato sulla persona che lo richiede e sulla sua storia, è la costituzione di un vero e proprio amuleto o talismano personale, che lo potrà proteggere.
Come si effettuava il tatuaggio berbero
Molto interessante il modo in cui eseguivano questi tatuaggi, molto simile ad altre tecniche tribali sviluppatesi a migliaia di chilometri di distanza. Si tracciava il disegno sulla pelle con un bastoncino, utilizzando un inchiostro che di solito si ottiene mescolando nerofumo o fuliggine con la saliva della tatuatrice stessa e acqua o altro liquido (in passato si utilizzava anche la secrezione dell’apparato sessuale delle capre). A questo punto con uno strumento appuntito (un ago o una scheggia d’osso fissati ad un bastoncino) si eseguivano sulla pelle tanti forellini. Oggi la chiameremmo hand-poke. Le cronache più antiche descrivevano questo procedimento non doloroso e sicuro da infezioni: cosa difficile da credere oggi, abituati come si è a creme anestetiche e antibiotiche.
Se vuoi saperne di più sulla tradizione del tatuaggio berbero guarda questo documentario.
Similitudini del tatuaggio berbero con quello delle popolazioni curde
Solo per spiegare come questo tatuaggio facciale è molto presente anche in altre popolazioni a distanza di chilometri, vi parlo velocemente anche del deq o tatuaggio facciale presente tra le donne di Iraq, Turchia, Siria e Iran. Concentrati principalmente sul mento e simili a una barba, i tatuaggi a puntini erano visti come un segno di bellezza, particolarmente comuni tra le donne mature, dai sessanta anni in su. Per le donne di età inferiore ai sessanta anni, i disegni del tatuaggio erano minimalisti, formando un semplice punto sulla guancia o sul mento.
Questi tatuaggi erano disegnati a casa, usando un ago da cucito che perforava la pelle. Per riempire l’incisione si utilizzava la fuliggine, che dopo un periodo di formazione di croste, lasciava al suo posto un colore nero scuro. Molti dei simboli raffigurati nei tatuaggi deq sono ispirati alla natura, con disegni comuni tra cui piante, stelle e animali.
I significati
Il significato dietro di loro varia dalla forza, alla ricchezza e alla fertilità. I tatuaggi tra gli occhi avevano lo scopo di allontanare il malocchio e i danni che possono derivarne. Un simbolo a forma di V sul mento era tradizionalmente un indicatore dell’identità tribale, con dimensioni corrispondenti a quanto è grande la famiglia.


Nel mio studio sul tatuaggio berbero e curdo, ho trovato grandi similitudini con la scrittura segreta delle donne cinesi, il Nu-Shu, molto utilizzato, per comunicare, tra le donne di alcune aree della Cina, perché segregate in casa. C’è come un nesso tra i simboli della natura utilizzati nella scrittura segreta femminile cinese e quelli delle donne berbere e curde tatuati sul proprio volto.
Per chi se lo fosse perso, riporto qui l’articolo sul Nu-Shu.
Le donne che si riconoscono tra i simboli, le donne che trovano il loro modo di comunicare, di proteggersi, di difendersi e di rafforzarsi. Le donne con le donne, tutto tra le donne.
E voi, Api Furibonde, conoscevate la simbologia del tatuaggio facciale berbero? Scriveteci oppure suggeriteci altre storiche tradizioni legate alle donne.



