Francesca Dalla Riva -autrice

Francesca Dalla Riva e il coraggio di raccontare la fragilità

di Mariella Massaro

Francesca Dalla Riva è stata per me una piacevole scoperta. Una di quelle capaci di infondere l’amore incondizionato per la vita, di contagiare con la sua forza e il suo coraggio. Sono valori che lei stessa ha dimostrato di avere di fronte a una battuta d’arresto, come quella causata dalla malattia.

Una vita tutta in salita

Francesca Dalla Riva ha 39 anni, è nata e vive tuttora a Verona con la sua famiglia. Ha due figlie e una gattina di nome Flora. Dopo aver conseguito la laurea in lingue straniere ha lavorato come impiegata presso un’azienda di trasporti internazionali. Dopo è stata insegnante privata a ragazzi e ragazze di scuole medie e superiori. La vita però spesso riserva sorpres. Francesca per motivi di salute, ha dovuto dolorosamente abbandonare il lavoro per prendersi cura di sé e della sua famiglia.

Sin da bambina e poi da adolescente, ho sofferto molto fisicamente, senza saper dare un nome a ciò che sentivo bruciarmi dentro. Non riuscivo a digerire bene, la pancia faceva sempre male e l’arrivo delle mestruazioni ha costituito un ulteriore trauma: mi contorcevo per dolori fortissimi al basso ventre, alla schiena, alle gambe. Tentavo di mascherare la mia sofferenza, mentre i dottori relegavano i miei dolori a “semplici dolori mestruali” e la mia sofferenza fisica a “una soglia del dolore basso“. Ogni giorno di più la mia salute si aggravava. A 24 anni, grazie alla spinta di colui che sarebbe poi diventato mio marito, ho iniziato a fare accertamenti e in alcuni anni sono arrivate le prime diagnosi: malattia da reflusso cronico con ernia iatale, intolleranza al glutine, endometriosi e adenomiosi.

L’endometriosi

L’endometriosi è una malattia cronica, sistemica e progressiva, a causa della quale un tessuto simile all’endometrio che riveste l’utero, localizzato in sedi pelviche ed extra-pelviche, può trovarsi nelle ovaie, ma anche nell’intestino, nel retto, nella vescica, nei reni, persino nei polmoni. I sintomi sono dolori fisici durante la mestruazione e l’ovulazione, dolore nei rapporti sessuali e problemi gastro-intestinali.

L’adenomiosi invece è simile all’endometriosi ma con una diversa localizzazione: si trova infatti nel miometrio, la parete muscolare dell’utero. Viene definita volgarmente “endometriosi dell’utero”.

Francesca nel 2013 si è sottoposta al primo intervento chirurgico di rimozione dell’endometriosi e successivamente è riuscita ad avere le sue due splendide bambine.

Dopo però le sue condizioni di salute si sono aggravate ulteriormente e si è dovuta sottoporre a un secondo intervento di rimozione dell’endometriosi con isterectomia (rimozione dell’utero), questo perché l’adenomiosi causava emorragie ormai eccessive.

In seguito a visite specialistiche ed esami approfonditi, le sono state diagnosticate fibromialgia prima e vulvodinia in seguito, patologia quest’ultima, che ha richiesto una riabilitazione del pavimento pelvico, alla quale Francesca si sta ancora sottoponendo.

Queste malattie croniche hanno stravolto la vita di Francesca sotto tutti i punti di vista: lavorativo, sentimentale e sociale, ma nel buio lei è stata capace di ritrovare la sua luce. Ha iniziato a dare testimonianza, anche attraverso i social, della sua esperienza, per essere da supporto a tutte quelle donne che convivono con le sue stesse malattie.

Per anni mi sono vergognata del mio stato di salute, non facendone parola con nessuno e patendo forti sensi di colpa interiori. Poi, ho capito che le malattie non erano una mia colpa e che, anziché nascondermi, avrei potuto iniziare a parlarne per sensibilizzare e per fare in modo che nessun’altra persona potesse soffrire quanto avevo patito io. Questo percorso di consapevolezza mi ha portato ad aprire una pagina su Instagram (il.mio.spaziolibero), dove parlarne, dove scrivere, per aiutare quante più persone possibili.

La forza di Francesca ha radici salde nelle sue fragilità

Francesca Dalla Riva non si reputa una persona forte anzi, questo è ciò che vogliono vedere gli altri in lei.

La salute ci consente di godere della vita e la malattia di comprenderne meglio il significato e di apprezzarla davvero. Francesca è spesso caduta nel sentiero della sua vita ma ha sempre avuto la forza di rialzarsi, anche grazie al supporto della sua famiglia e alla psicoterapia.

La mia forza, forse, sta nel fare costante esperienza sulla mia pelle della condizione di fragilità e di precarietà e delle limitazioni fisiche, che mi vengono imposte dalle malattie e dalla società. Vivere con malattie croniche è un po’ come vivere sulle montagne russe: ci sono giornate migliori e altre in cui il corpo non permette di fare le stesse azioni svolte il giorno prima. Ci sono periodi di aggravamento e altri di leggero benessere. Lo stress, le condizioni metereologiche e gli impegni della vita quotidiana influiscono sui sintomi: spesso, mi ritrovo a essere in balia di un corpo che non fa ciò che dovrebbe o vorrebbe fare.

L’accettazione: un tassello importante

La solitudine vissuta nei periodi più bui e la condizione di emarginazione nella società, hanno amplificato la già innata sensibilità di Francesca e le hanno permesso di sviluppare una forte empatia.

Accettare la malattia nella nostra vita è pressoché impossibile: tutti noi vorremmo una vita tranquilla e in salute. Francesca per anni ha rinnegato le sue malattie e ha nascosto in un cassetto i referti, pensando che, nascondendoli, avrebbero cessato di esistere.

Ho imparato a mie spese che la malattia, se non la consideriamo, ci si ritorce contro come un boomerang e che far finta di niente o negare a noi stessi di stare male non porta a nulla, se non a un peggioramento ulteriore di tutto il nostro quadro. Arrivare ad averne consapevolezza e scendere a patti con le patologie è stata una delle più grandi sfide della mia vita, ma posso tranquillamente sostenere che sia stata anche la mia salvezza. Lo spartiacque tra il mio prima, fatto di negazione e di indifferenza, e il mio dopo, caratterizzato da un lungo processo di crescita, è stato un terribile attacco di panico, avvenuto ormai cinque anni fa. Quell’episodio ha rappresentato la punta dell’iceberg: un’esplosione di energia che tentavo di reprimere e che mi ha portata alla consapevolezza di non potermi più voltare dall’altra parte e a considerare finalmente il mio corpo, che chiedeva di essere visto e considerato. È stato dopo quell’attacco che ho ricominciato a farmi vedere dai medici, a prendere le medicine, a sottopormi alle terapie.

L’accettazione è stata per lei un tassello essenziale. Da quel momento in poi, Francesca ha iniziato a scrivere.

La scrittura, parte essenziale della terapia

Scrivere non è solo un mestiere, non è solo una passione o un passatempo. Scrivere spesso è terapia e lo è stato certamente per Francesca. Ha sempre avuto una grande passione per la scrittura, ma mai avrebbe pensato di pubblicare dei suoi scritti. È nato tutto per caso: dapprima ha iniziato a scrivere lunghe mail alla sua psicoterapeuta, perché le parole che non riusciva a dire durante le sedute, arrivavano poi in un secondo momento sulla carta. Ha iniziato così a esplorare meglio le sue emozioni e ad affrontare i suoi traumi e quelle mail, sono poi diventate pian piano dei capitoli di un libro, il suo primo libro Fuori dal mio balcone (2023, edito da Bookabook).

La mia psicoterapeuta è stata la prima persona a credere in me e nel mio talento e a spronarmi a continuare. Da quel momento non ho più smesso di scrivere e ho iniziato un viaggio di esplorazione dentro e fuori di me. È vero: per me la scrittura è una vera e propria terapia. Scrivere mi aiuta a comprendere, a fissare sulla carta i non detti, a metabolizzare le situazioni dolorose, a tracciare un confine e dei limiti alle paure. Scrivere mi permette di sviscerare eventi dolorosi, di solcarli, di esplorarli, per poi, una volta compresi, lasciarli andare e allontanarli da me. Scrivere mi porta a confrontarmi con i miei traumi irrisolti e con le mie paure più recondite: se da un lato può spaventare e destabilizzare, dall’altro può diventare una terapia efficace per conoscerci meglio e per prenderci cura di noi.

Tempo di una doccia (2024, edito da Scatole Parlanti) è il suo secondo romanzo: come il primo, si tratta di un racconto intimista e introspettivo, parzialmente autobiografico.

Questo secondo romanzo nasce dalla volontà di raccontare una storia di malattia dal punto di vista di chi la vive in prima persona, sviscerando, senza filtri o giudizi, pensieri, paure ed emozioni, cercando di normalizzare l’ambivalenza e le contraddizioni che spesso contraddistinguono la natura umana della persona con o senza una malattia.

Francesca oggi

Le malattie hanno spesso reso la vita di Francesca Dalla Riva un incubo. Però, è anche vero che se non ci fossero state, lei oggi sarebbe una persona completamente diversa. Ha imparato ad amarsi, ad amare la vita e le sue sfaccettature, ad apprezzarne i momenti di solitudine (una volta ne era terrorizzata!).

Oggi non mi sento una persona completa, anzi, spesso mi percepisco mancante e rotta, ma, nonostante ciò, cerco il più possibile di riempire il mio vuoto aiutando le altre persone o dedicandomi alle mie passioni: la scrittura, la lettura, il punto croce – se le mani lo permettono – e la cucina. Sono una persona introversa, ma che ama anche la compagnia, sensibile e profonda, che non si accontenta della superficialità, che vuole scavare a fondo, indagare e interrogarsi sulle cose, fino quasi a sentirsene sopraffatta. E come spesso ribadisco, io sono anche le mie malattie: non posso scindermi da loro e loro non possono essere altro da me. Questa è stata una delle consapevolezze che più mi ha aiutato a sciogliere la rabbia che provavo e a direzionarla verso l’esterno, incanalandola in attività che la trasformassero in energia, come la scrittura.

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