Alessandra Erriquez è giornalista, scrittrice, blogger. Si definisce così: «con due figli in braccio e mille idee in testa». In cameretta, nella contemplazione e nel racconto, ha trovato il punto d’incontro fra giornalismo e maternità. Ce ne parla nella nostra rubrica “Protagoniste”.
Alessandra Erriquez fra lavoro e maternità
Alessandra, hai raccontato attraverso la scrittura proprio il cambiamento che la maternità ha portato alla tua vita, anche professionale. Dalle “voci di corridoio” alle “voci di cameretta”, come hai affrontato questa tematica?
La maternità è un evento che tiene insieme il miracolo e la fatica. Sconvolge ritmi ed equilibri: personali, professionali, familiari. All’epoca diedi vita al blog per avere un piccolo spazio dove fare ordine, lo chiamai “Voci di cameretta” per segnare appunto un passaggio dalle voci di corridoio, quelle tipiche della professione giornalistica, a quelle più attendibili della stanza dei piccoli. Un modo ironico per evidenziare ciò che allora intuivo e ora credo fermamente. La maternità mi ha donato un nuovo approccio, un nuovo modo di vedere le cose. Quelle grandissime e quelle minute del quotidiano, in ogni contesto. Mi ha insegnato l’arte della contemplazione, la capacità di osservare e ascoltare, di interrogarmi, di incantarmi. Mi ha offerto un nuovo modo di affrontare la vita, non solo il mio essere madre, ma anche il mio essere donna, moglie, figlia, lavoratrice, amica…e persino – ma questo con grande difficoltà – il mio essere madre di me stessa.
Alessandra Erriquez: il suo libro su genitori, dolori e rivoluzioni
“Ho scelto le parole. Genitori, dolori, rivoluzioni”: parlaci del libro in cui tu racconti il tuo viaggio nel dolore, nella vita vissuta di alcuni genitori…
Ho fatto esperienza di quanto il dolore sulla carne di un figlio scuota infinitamente più di quello sulla propria. Ci si sente impotenti eppure il modo in cui si reagisce diventa determinante. Così sono partita da una domanda: cosa s’offre a un figlio che soffre? E mi sono messa in viaggio, fisicamente e non. Ho girato l’Italia e mi sono immersa in sette storie drammatiche, potentissime. Famiglie che si sono trovate ad affrontare una perdita, una malattia, le violenze subite o inflitte dal proprio figlio. Voci che ancora risuonano in me e mi hanno dato nuove chiavi di lettura, nuovi sguardi, parole nuove. Hanno scelto le parole per raccontarmi la loro storia e così hanno fatto, e quotidianamente fanno, una rivoluzione. Un ribaltamento che ha permesso di trasformare storie drammatiche in squarci luminosi, il dolore in grazia. E queste rivoluzioni non parlano solo a chi vive situazioni simili né si rivolgono soltanto ai genitori. Parlano a tutti e tutte, parlano a chiunque abbia il desiderio di prendere in mano la sua vita, il coraggio di guardarla e la forza di esserne grato.

Qual è il valore aggiunto che la maternità ha portato alla professione e quali le difficoltà?
Quell’insieme di competenze che la maternità mi ha offerto: ha rafforzato la mia capacità di ascolto e osservazione. Mi ha – duramente – insegnato a essere flessibile e multitasking. Ha sviluppato il mio controllo nel tenere più cose insieme, a gestire l’ansia, a non dare nulla per scontato. La difficoltà è camminare sempre sul filo, alla ricerca dell’equilibrio tra la donna e la professionista. Tra la cura per i figli e quella per il proprio lavoro.
Alessandra Erriquez e i progetti futuri
Di cosa ti stai occupando e quali sono i tuoi prossimi progetti?
Attualmente lavoro come consulente di comunicazione per la Regione Puglia, in particolare mi occupo di progettare e realizzare siti per la sanità regionale e naturalmente, nell’ultimo anno e mezzo, della comunicazione dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Una sfida che mi fa crescere molto, professionalmente e umanamente.
Tra i miei progetti, c’è il restyling del blog che è sempre uno spazio piccolissimo al quale sono molto affezionata ma nel quale non mi riconosco più completamente. E poi, il mio progetto di sempre e per sempre: scrivere. Mi piacerebbe recuperare il tempo per farlo ancora, per un nuovo libro.

Come le hai superate e che consigli daresti alle altre mamme che cercano questo delicato equilibrio tra famiglia e realizzazione professionale?
Io stessa sono perennemente in cerca di questo equilibrio. La mia quotidianità mi istiga a ingenti sensi di colpa, la mia riflessività fortunatamente mi dice di accogliere i miei limiti. Il tempo e il senno di poi mi suggeriscono che l’equilibrio non è nel tentare di ripartire equamente (o con altro parametro prefissato) queste due me. Ma nella capacità di valutare costantemente quali siano i bisogni dell’una e dell’altra parte, quale attenzione, quale cura richiedano in quel preciso momento. Nulla di più difficile, nulla che valga di più.
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