Colobraro

Colobraro e magia: che cosa non perdersi nel borgo lucano

Per tanti anni il paese di Colobraro non è stato nominato, per paura, per pregiudizi, per superstizione. Oggi, invece, noi Api furibonde lo facciamo. Questo piccolo borgo della Basilicata ci affascina con la magia delle sue tradizioni, con le viuzze del centro storico che si arroccano fino all’antico castello medievale o che si affacciano sul paesaggio circostante, lì dove lo sguardo si perde. E poi c’è una storia di riscatto e di autoironia.

Che cosa ci riserva Colobraro? Lo scopriremo insieme, in questo nuovo slow reportage.

Colobraro
La storia di Colobraro dai serpenti alla magia

Situato su di un colle del Preappennino lucano, abitato da 1100 persone, Colobraro domina la valle del fiume Sinni. Il suo nome deriverebbe dal latino colubrarium ed indica un territorio popolato da serpenti. Il borgo nel tempo ha acquisito una funesta fama dalla diffusa credenza nelle arti magiche di alcune donne capaci di allontanare il malocchio: maghe, fattucchiere, “masciare”. “Avere l’affascino” significava essere sotto l’occhio malefico di qualcuno mosso dall’invidia o da un desiderio morboso. Nel tempo Colobraro è diventato “innominabile”: a partire dai paesi vicini veniva definito con scaramanzia “quel paese”, per la superstizione che anche solo pronunciando il nome potessero avvenire sciagure. Oggi questo retaggio non è dimenticato, ma è diventato la chiave per raccontare la propria storia.

Il Palazzo delle Esposizioni di Colobraro: dalle radici della cultura contadina

Iniziamo questo cammino andando incontro al tramonto. Ci fermiamo presso il Palazzo delle Esposizioni. La ricostruzione di una casa contadina ci ricorda i ritmi di un tempo, la vita domestica. Le giovani donne, con un telaio in ogni casa, preparavano il corredo. E poi gli antichi mestieri e le attività scolastiche. Sono esposte fotografie d’epoca, ritratti familiari ed anche gli scatti dei fotografi che accompagnarono le giornate di studio dell’antropologo Ernesto De Martino fra il 1950 ed il 1957. Le “masciare” comparvero nel suo libro Sud e magia, testo cardine dell’antropologia italiana.

Il Centro di cultura popolare

Colobraro, alla fine degli anni ’40 ebbe il suo Centro di cultura popolare, nato per combattere l’analfabetismo strumentale nonché quello culturale-spirituale. Erano organizzati corsi per adulti, sezioni culturali, esercitazioni pratiche di taglio, cucito e ricamo per donne, lavori di falegnameria, meccanica, taglio e cucito per uomini. Il centro disponeva di una propria biblioteca ed organizzava gite, attività sportive, promuoveva l’igiene della casa e la cura della salute con visite mediche. I cittadini ricevevano viveri ed indumenti e medicinali.

Dal borgo antico al castello

Ci inoltriamo nel centro storico edificato intorno all’anno 1000 attraversando le stradine silenziose e suggestive verso il castello.

Colobraro - borgo antico

Il castello di origine medievale si trova ad un’altezza di 665 metri. Da lì si estende uno sconfinato panorama: Monte Coppola, il centro storico di Valsinni, la rabatana di Tursi, il golfo di Taranto, la costa jonica, il Massiccio del Pollino.

 Colobraro
I cingijok: gli amuleti di Colobraro

Prima di varcare la soglia di accesso a “quel paese” è necessario munirsi del cingijok, antico abitino che veniva regalato ai bambini nel giorno del loro battesimo come anti-malocchio, confezionato con tre chicchi di grano per l’abbondanza, tre pietre di sale grosso contro il malocchio, tre aghi di rosmarino per combattere gli spiriti maligni, fiori di lavanda per favorire amore e bellezza. Il tutto sigillato e suggellato da una spilla da balia, una legatura definitiva ed il nastro rosso che rappresenta il sangue e quindi la passione. Un lasciapassare per i turisti da indossare prima di iniziare il percorso e poi conservare, magari, per profumare gli armadi.

Sogno di una notte a Quel paese

Il castello è lo sfondo del primo atto di una rappresentazione itinerante, giunta all’undicesima edizione. Sogno di una notte a Quel paese va in scena ogni venerdì di agosto, fino al 3 settembre e fa riflettere, con leggerezza, adulti e bambini. È così che l’associazione SIMP – Sognando il magico paese e gli abitanti di Colobraro vogliono sfatare questa cattiva nomea di “portajella”. Esorcizzano il malocchio con autoironia, liberandosi di questo scomodo fardello, per sorridere e far sorridere.

Sogno di una notte a Quel  - rappresentazione teatrale a Colobraro

42 figuranti, attori non professionisti del posto, popolano le scene di questo percorso teatrale, scritto e diretto da Giuseppe Ranoia,che si conclude davanti alla Chiesa Matrice di San Nicola. Ispirandosi alle tradizioni del luogo ed agli scritti di Ernesto De Martino si raccontano superstizioni, storie di masciare, fattucchiere, affascini, monachicchi, pettegole, buontemponi con la benedizione del santo protettore San Carpanazzo.

Il mercatino dell’artigianato locale e dei prodotti tipici con i suoi sapori e con i suoi profumi conclude il nostro percorso.

Le Api furibonde di Colobraro fra passato e presente

Sono tante le Api furibonde di questo slow reportage. Tutte le donne che in questi anni hanno combattuto contro i pregiudizi e la superstizione. Tutte le donne che promuovono il borgo e le sue iniziative. Alcune donne dell’associazione Sognando il magico paese si dedicano ai cingijok, gli amuleti simbolo di questa tradizione. Sono Api furibonde le donne che ci insegnano che la vera magia a cui oggi dobbiamo credere è quella dell’autenticità, spesso persa, ma da ritrovare.

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