Su Pietramontecorvino, fra i borghi più belli d’Italia, soffia un vento ristoratore nelle assolate giornate estive.
Il placido paesino del nord della Puglia, nel subappennino dauno, domina la valle del torrente Triolo.
Il borgo medievale ti accompagnerà in un cammino nella sua immutata atmosfera.
Pronta per partire con questo slowreportage?
Spesso ricerchiamo affannosamente luoghi conosciuti, molto raccontati, seguiamo le tendenze del momento, perdendoci invece l’autenticità dei piccoli gioielli nascosti.
Una giornata nell’atmosfera dei vicoli di Pietramontecorvino, inserito a buona ragione tra i borghi più belli d’Italia, ti farà apprezzare questo luogo, le sue peculiarità, i suoi ritmi, le tradizioni e la storia di una comunità. Partiamo dal principio: dal suo nome…
La storia di uno dei borghi più belli d’Italia: Pietramontecorvino
Nel nome di Pietramontecorvino si intrecciano due storie: quella del borgo di Montecorvino, edificato intorno all’anno mille, risalente ai Bizantini, che si sviluppò con i Normanni e fu abbandonato nel XV sec. e quella dello sperone di roccia tufacea (“preta” in dialetto) nelle cui grotte si rifugiarono i profughi di Montecorvino, soprattutto pastori con le greggi. Anche i longobardi giunsero qui, in piccoli nuclei familiari, mossi dal culto di San Michele Arcangelo. Su questa contaminazione di alterne vicende, nasce il borgo che oggi conosciamo. La maestosa chiesa madre, dedicata a Santa Maria Assunta, risalente alla fine del XII secolo, domina la città. Proseguendo il nostro cammino compaiono la torre normanna e il palazzo ducale al culmine dello sperone.

La Terravecchia
Il cuore della città si fonde ai panorami dauni circostanti, attraverso la Terravecchia. Le abitazioni, scavate nel tufo, si abbarbicano al terreno e si adagiano seguendo la sua conformazione. Le campagne scaldate dal sole fanno capolino fra le scale, in fondo alle viuzze che percorriamo come labirinti. In questo addentrarsi che di volta in volta mostra scorci nuovi, ascoltiamo i rumori, il vociare, i ritmi scanditi dalla quotidianità e dai suoi abitanti.

“Una boccata d’arte”: l’artista Gaia Di Lorenzo rievoca gli sciàmbule nella Terravecchia
L’iniziativa “Una Boccata d’Arte” impreziosisce la Terravecchia fino al 26 settembre prossimo.
L’incontro fra l’arte contemporanea e la bellezza di un borgo per ogni regione italiana avviene con il progetto di Fondazione Elpis e Galleria Continua, con la partecipazione di Threes Productions. Pietramontecorvino, fra i borghi più belli d’Italia, rappresenta la Puglia nell’iniziativa patrocinata da Pugliapromozione e dalla Regione Puglia.

Qui, l’artista Gaia Di Lorenzo che sovrappone più livelli di significato, in una commistione fra linguaggi artistici, ha installato sul portone d’ingresso alla corte del Palazzo Ducale, una tenda in alluminio che richiama le tradizionali moschiere (scendelìlle nel dialetto locale), sormontata da una traversa in legno di noce intarsiato con acero bianco su cui è incisa la frase Temmatemenetè che significa ti ucciderei ma non ne ho voglia.
Da lì si snoda un percorso, nei vicoli e nelle piazze di Terravecchia, con altre 13 moschiere. Su ciascuna di esse è incisa una frase dei tradizionali sciàmbule.

Sciàmbule e scèndelille
Gli sciàmbule sono i “canti dell’altalena”. Tramandati oralmente, costruiti sullo stesso schema metrico, l’ottava siciliana, si cantavano soltanto nella settimana di Carnevale. Negli altri periodi dell’anno erano proibiti, soprattutto alle donne che avevano quest’unico modo di esprimersi liberamente. Le donne cantavano l’amore ed il desiderio, il lamento per una storia d’amore finita o mai iniziata, lo sdegno con insulti e parole ruvide. Il ritornello è un non-sense che intervallava i versi di questa sorta di litania che sovvertiva l’ordine, la morale e i costumi, per una sola settimana.
Cosa accomuna scendelìlle e sciàmbule? La soglia. Le moschiere (scendelìlle) montate sull’uscio di casa, proteggevano dagli insetti, senza l’impiccio di una tenda, ma allo stesso tempo non rappresentavano un barriera e dunque consentivano la socialità. Gli sciàmbule erano cantati dalle donne su altalene improvvisate: un ceppo di legno da ardere posto, tramite una fune, sull’uscio della casa. Questo permetteva a tutti di assistere a vicende private, storie d’amore che passavano di porta in porta, di vicolo in vicolo, di canto in canto.

La Torre normanna raccontata da Elvira
Nella torre normanna di palazzo Ducale, risalente al 1200, ci accoglie Elvira che per conto dell’associazione “Mira” si occupa di visite guidate e attività museali con i bambini. Ha 35 anni e segue un corso in “Marketing digitale e reale per lo sviluppo di una destinazione” con l’ITS Turismo. Il suo obiettivo è restare nel paese in cui è nata, Pietramontecorvino, perché questo territorio, ci dice, ha tante potenzialità. Elvira si mette in gioco, la scommessa è ardua, ma non la scoraggia.

Seguiamo con lei un percorso attraverso gli oggetti che più simboleggiano la tradizione, come i nastri multicolori e i tessuti che rivestono i palii, lunghi fusti d’albero che sono portati in processione, all’area archeologica dell’antica Montecorvino, il 16 maggio per onorare Sant’Alberto, il genius loci di Pietramontecorvino. Questa tradizione rievoca gli antichi riti pagani della fertilità, ma anche la consuetudine delle donne di offrire fazzoletti al santo chiedendo protezione per gli uomini della famiglia, lontani a causa della guerra. E poi ci sono le conchiglie che i pellegrini in viaggio verso Santiago de Compostela, portavano come segno di riconoscimento.

In questa visita guidata apprezziamo i manufatti in lana: la filatura era una delle principali occupazioni delle donne di un tempo.
Le donne dell’associazione Terra mia: le api furibonde del nostro slowreportage a Pietramontecorvino, uno dei borghi più belli d’Italia

Le Api furibonde di questo slowreportage sono le donne dell’associazione Terra mia, nata per diffondere la musica popolare. Poi, il progetto di ricreare gli abiti d’epoca per la rievocazione storica “Suoni, sapori e colori di Terravecchia” che si tiene a settembre in occasione di San Matteo con spettacoli e concerti medievali, il corteo storico e stand gastronomici.

Gli abiti prendono forma dai vecchi corredi delle nonne e dalla maestria delle nostre Api furibonde che tengono viva la storia della comunità. Nella torre saracena uno di questi abiti esposti è stato realizzato con una coperta di 200 anni fa.
È stato affascinante il percorso a Pietramontecorvino. Lasciando uno dei borghi più belli d’Italia pensiamo a quanto sia prezioso il patrimonio storico-artistico di un luogo e a quanto sia straordinario il patrimonio immateriale di una comunità che manterrà sempre, inalterata, la sua unicità.
Se questo slowreportage ti è piaciuto, faccelo sapere e suggerisci altri luoghi ed altre Api furibonde.
Se ti piacciono invece i borghi fantasma leggi lo slowreportage su borgo Taccone in Basilicata.