Donne e alchimia

Donne e Alchimia: la scienza è davvero un gioco da ragazze

di Valentina Evangelista

Qualche anno fa lessi su un quotidiano un articolo che parlava dell’iniziativa di una libraia, Filomena Grimaldi, che si proponeva di offrire un caffè a chi avesse acquistato presso la sua libreria di Telese (Benevento) un libro di scienze da regalare a una bambina. L’idea era nata dall’essersi resa conto, con un misto di stupore e amarezza, che questo genere di libri veniva destinato prevalentemente ai bambini. La scelta, nel caso delle bambine, ricadeva in modo quasi automatico su fiabe classiche. Regine, principesse e altre gentili e piuttosto remissive creature delegavano la parte più divertente, avventurosa e creativa all’altro sesso, limitandosi ad attendere il salvifico bacio come la panacea da ogni male.

Bambine e scienza, tra riflessioni e false operazioni deduttive

Sono trascorsi alcuni anni dall’arguta provocazione di Filomena Grimaldi volta a riaccendere l’attenzione su una riflessione della quale, evidentemente, c’era bisogno. E in questi anni sono stati snocciolati studi, statistiche e percentuali sull’inclinazione e sul rendimento scolastico di alunne e alunni verso e nelle materie scientifiche. Molto si è discusso sulla scelta degli studi universitari scientifici da parte di studentesse e studenti. Si sono avvicendate proposte, pareri, opinioni, critiche e polemiche in merito. Ma, più di tutto, ci si è interrogati su quanto il nostro gusto e le nostre scelte siano ancora influenzate e condizionate da una cultura e da una tradizione che hanno partorito lo stereotipo secondo il quale la scienza non sia affatto un “gioco da ragazze”.

Due passi nella storia: donne e alchimia

Si tratta di una riflessione interessante e complessa, alla quale mi sono accostata affidandomi all’insegnamento fornito dal passato. È vero, non sono stata una bambina né una giovane studentessa affascinata dalle scienze, alle quali ho sempre preferito le materie umanistiche. Da adulta ho amato e approfondito in particolare lo studio della storia, l’affascinante e gigantesco ouroboros. Quest’ultimo di rado tradisce e insegna che per comprendere il presente è nel passato che è necessario immergere la testa.

È altrettanto vero che nel tempo mi sono resa conto, con un certo stupore, che scrivendo di tutt’altro (o almeno così credevo), alla scienza ci sono arrivata anch’io. Senza quasi accorgermene. Come? Appassionandomi a quella che di tutte le scienze è stata l’inizio e la madre, spesso svilita e maltrattata, l’alchimia. Studiando e approfondendo questo universo mutevole e affascinante, registrai quella che mi parve una stranezza: i nomi nei quali mi imbattevo erano sempre maschili. Studiosi, medici, copisti, scienziati, inventori, sovrani illuminati. Uomini. Soltanto uomini.

Mi venne allora il dubbio di aver letto male, studiato male e ricercato ancor peggio. Moltissime donne, nel corso dei secoli, dedicarono la propria esistenza e il proprio ingegno ai misteri e alle sfide dell’arte alchemica. Il fine ultimo è il più alto traguardo dell’esistenza: la trasformazione, l’evoluzione, l’ immortalità. Attraverso un instancabile processo di dissoluzione, purificazione e ricomposizione della materia in un bilanciatissimo equilibrio filosofico degli elementi.

Donne e Alchimia, ars regia e mater di tutte le scienze

Sebbene le testimonianze degli studi, dell’impegno e del lavoro messi dalle donne a servizio di quella che è considerata ars regia e  mater di ogni sapienza siano ancora poco conosciute e valorizzate, l’impronta femminile fu decisiva ed essenziale nello sviluppo e nell’evoluzione di questo affascinante sistema di pratiche e conoscenze. E ciò non stupisce, perché la pratica alchemica si accorda perfettamente al femminile, prevedendo un contatto molto stretto con la natura, con gli elementi e con la materia. Implica l’osservazione attenta e costante, la capacità di discernere, raccogliere, essiccare, mescolare, cuocere, confezionare e somministrare. Poco importa se tale accurata e ambiziosa ricerca confluisca in cibo, farmaco, cosmetico o linguaggio.

Lo spirito dell’alchimista attraversò la storia della cultura femminile molto prima che l’alchimia diventasse una raffinata e complessa espressione del sapere. Il terreno dell’opus alchemico fu in larga misura muliebre, sebbene i gruppi alchemici di cui si legge e si conosce fossero caratterizzati da una prevalente presenza maschile.

Ingegno e carisma. Le prime alchimiste

L’alchimia, soprattutto tra il II e IV secolo d.C., conobbe una fase di intenso splendore e vivacità. Sperimentazione, conoscenza erboristica e arte cosmetica divennero preziosi strumenti dell’ingegno e della pratica messi a servizio del bello come principio superiore. Sublimazione empirica e intellettuale si fusero alla sacralità della natura. Questa fase fu costellata di donne alchimiste dal grande ingegno e dall’innato carisma. Teosebia, Panunzia e Cleopatra la Medica; Ipazia, matematica, astronoma e filosofa martire della libertà di pensiero; ma soprattutto Maria l’Ebrea. Conosciuta come la Profethissa, era una delle grandi menti dell’antichità.

Maria l’Ebrea fu filosofa e inventrice di molti processi di riscaldamento, distillazione e reazione chimica, il più famoso dei quali fu il balneum Mariae (la più nota cottura a bagnomaria che più o meno tutti conosciamo). Ideò anche diversi metodi e strumenti di distillazione e sublimazione delle sostanze, donando alla scienza un importante contributo e ponendo le fondamenta per la nascita della chimica moderna.

Alchimiste silenziose e senza volto, alchimiste di nascosto

Questa significativa presenza femminile dipende dal fatto che nel mondo egizio, alessandrino e romano le donne raggiunsero un ruolo sociale, culturale e politico elevato. Nel tempo e con la dissoluzione del dell’Impero Romano d’Occidente, si sgretolò progressivamente. Con l’avvento del Medioevo, sebbene moltissime donne fossero abili assistenti medici, ostetriche, levatrici, infermiere ed esperte conoscitrici delle erbe, non furono più libere di interessarsi apertamente di alchimia né di praticarla alla luce del sole. C’era il timore di essere perseguitate come seguaci del maligno e colpite dall’accusa di stregoneria ed eresia.

È in questa fase, dominata da pesanti ombre ma anche da sfidanti e vitali vortici, che si affaccia l’affascinante figura di Perenelle, moglie del famoso copista e libraio alchimista Nicolas Flamel, la storia e l’opera della quale sono, tuttavia, largamente oscurate dalla leggenda che le avvolge e dall’ingombrante consorte citato persino nelle pagine di Harry Potter e la pietra filosofale. Il sapere alchemico femminile in questi secoli, nonostante gli aspri ostacoli, non si arresta, anzi assume vigore, ma viene esercitato e tramandato silenziosamente, scorre di donna in donna, celato e segreto come una colpa, perché erroneamente identificato con la magia e soprattutto con la negromanzia.

Fornelli, circoli e distillerie. Le alchimiste incendiano l’Europa

Occorrerà attendere il Rinascimento per rintracciare nuove alchimiste tra le aristocratiche delle corti italiane ed europee, donne libere di accedere a un’educazione, di approfondirla, coltivarla e tramandarla alle successive generazioni. Isabella Cortese, Anna di Sassonia e Caterina Sforza, che collezionò le sue ricette di salute e bellezza nei suoi Experimenti della excellentissima signora Caterina da Forlì, frutto degli studi in erboristeria, medicina e pratica alchemica; ma soprattutto Cristina di Svezia, sovrana illuminata e anticonformista che alla pratica alchemica dedicò buona parte della sua appassionante esistenza, con particolare intensità negli anni romani in cui fondò e fece fiorire circoli, distillerie e laboratori alchemici, gettando le basi per quella che sarebbe diventata, a un anno dalla sua morte, l’Accademia dell’Arcadia.

Donne e Alchimia…e ora?

Giungendo al XIX secolo, l’inglese Mary Ann Atwood, autrice insieme al padre di diversi testi sull’ermetismo e sull’alchimia, si mosse in una fase complessa in cui la nobile disciplina si trasformò ancora una volta e si dissolse in molti altri saperi, trasmutando in una cultura di carattere mitico percepita come trascurabile e di secondaria importanza. E anche oggi che di Alchimia si parla ancora poco e timidamente, interrogandosi con più disinvoltura sulla sapienza e sulle capacità femminili applicate alle diverse discipline scientifiche, rimane intatto il fascino, e anche il mistero, di un sapere capace di amalgamare alla natura e agli elementi, l’impegno dedicato alla piena e completa fioritura di una Materia che, di fatto, è l’essere umano.

Se ti è piaciuto questo articolo leggi anche Il Nu-Shu: l’antica scrittura segreta delle donne cinesi.

Le alchimiste furono e continuano a essere coraggiose Api Furibonde alla instancabile ricerca di nuove risposte e di percorsi alternativi, spesso impopolari. E tu, Ape Furibonda, sei appassionata alla scienza, alla ricerca, alla scoperta? Quanto ne sapevi del binomio donne e alchimia? Se ne hai voglia, condividi con noi la tua esperienza, il tuo percorso di crescita, gli ostacoli che hai incontrato lungo il cammino.

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